martedì 30 giugno 2009

PALLE DI FUOCO E BACCHETTE D’ACCIAIO #8

(Ipsen in compagnia di Stereotipente, preside della scuola di magia ed elettrotecnica di Hogwards, giunge presso il Ministero della Magia. Si entra attraverso una delle entrate palladiane di cartone di Porta a Porta)


Stereotipente: «Eccoci qui Harry…»

Ipsen: «Ipsen»

Stereotipente: «E’ uguale. Guardati intorno, quello che vedi è il grande Ministero della Magia, dove i maghi più saggi ed intelligenti amministrano il nostro mondo con sapienza, lungimiranza e onestà…»

Ipsen: «Davvero?»

Stereotipente: «No, principalmente vanno a puttane e si lanciano vicendevolmente maledizioni contro, però indossano tutti buffe tuniche e parlano con accento oxfordiano…beh…apparte Borghezius, lui non è più lo stesso dopo quel tentativo di trasfigurazione in orso Balù...poveraccio…è rimasto solo l’orso…non si scherza con la magia…»

Ipsen (Indicando un tizio che parla da solo): «Chi è quello?»

Stereotipente: «Oh, quello è Bossis, un mago del quinto cerchio, le sue vesti verde smeraldo indicano che è…beh…che è un’idiota…»

Ipsen: «Fammi indovinare, anche qui un incantesimo andato storto?»

Stereotipente: «Quasi, un ictus, però se ti fa più piacere pensarlo come un magico ictus stregonesco non sarò certo io ad impedirtelo. Non si gioca con la materia della magia. E’ proprio qui che vengono fatti gli esperimenti sulle proprietà del potere stregonesco. Vedi? Quella è la sala sullo studio occultistico, quello è il laboratorio della vita e della morte e lì c’è l’ala della Illusioni Perdute del professor Franceschini. Ammira! La grande sala! Dove convergono tutti i maghi del mondo riunendosi a seduta comune»

Ipsen: «Non vedo nessuno»

Stereotipente: «Sono le cinque, staranno tutti in bagno a pippare cocaina…Ho detto cocaina? Intendevo la magica polverina che fa tanto bene a cuore e a spirito. La distilla Miccichar, l’alchimista supremo»

Ipsen: «Cos’è quella?»

Stereotipente: «Ah! L’antica fontana! Proprio al centro della sala! Essa simboleggia il potere democratico dei maghi instaurato attraverso pacifici trattati negli anni»

Ipsen: «Chi è quel volto che viene schiacciato dal tacco della scarpa del mago?»

Stereotipente: «Oh, quello? Un demone, quasi sicuramente un demone…o un ebreo…chi può dirlo da questa distanza…»

Ipsen: «Per il sacro perineo di Houdini! Che stanno facendo a quei poveracci»

Stereotipente: «E’ normale»

Ipsen: «E’ normale un corno! Mi scusi preside, ma è uno spettacolo umiliante! Ipotermione aveva ragione! I maghi usano gli elfi domestici per i lavori più squallidi, guardi come vengono maltrattati, fustigati addirittura, costretti a vivere in loculi e avvizziti dal tempo e dalla fatica»

Stereotipente: «Quelli non sono elfi domestici. Sono stagisti»

Ipsen: «Ah. Mi solleva. E dove sono gli elfi domestici?»

Stereotipente: «Beh, in uno ci stai urinando…»

Ipsen: «Oh! Oh, mi scusi! Mi scusi! Non avevo…pensavo fosse una specie di gabinetto a muro io…io sono mortificato…»

Elfo: «Non si preoccupi. In realtà io sono un gabinetto a muro. E’ il mio lavoro. Continui pure. Sgrulliamo? Che dice? Sgrulliamo?»

Stereotipente: «Andiamo Ipsen! Non abbiamo tutto il giorno! Purtroppo non sarà il Ministro della Magia in persona a riceverci lui oggi era…uhm…impegnato con un processo riguardante le sue…uhm…frequentazioni»

(Contemporaneamente nell’aula del processo)

Avvocato della difesa: «…e questo prova oltre ogni ragionevole dubbio che il Ministro della Magia Ceco aveva semplicemente estratto la sua bacchetta magica per eseguire qualche semplice incantesimo»

Giudice: «La parola all’accusa»

Avvocato dell’accusa: «E’ vero, signor Primo Ministro, che lei ha fatto entrare nella sua villa delle escort professioniste?»

Ministro della Magia: «Assolutamente no! Erano tutte ragazze alla prima esperienz…uhm…smaterializzazione!»

(Disclaimer: lo Scrittore si dissocia da qualsiasi analogia il lettore possa trovare fra gli accadimenti di pura fantasia ivi narrati e la realtà dei fatti. In piena coscienza delle sue facoltà lo Scrittore afferma impossibile un riferimento, anche implicito, ad accadimenti aventi a che fare con personaggi di spicco della politica Italiana.

Scrittore: «Infatti non ho nominato neanche per un secondo le feste delle minorenni!»

Hai rovinato tutto

Scrittore: «E che possono farci? Non siamo mica in Italia!»

Sì che lo siamo

Scrittore: «Buon Dio! Pensavo avessimo il server in Cina!)

Stereotipente: «Ipsen, mentre aspettiamo di essere convocati voglio parlarti di Chitammuort»

Ipsen: «Lei pronuncia il suo nome!»

Stereotipente: «Non dovrei? Io non ho paura di lui. E’ stato mio allievo e, per quasi due mesi, mio schiavo sessuale, posso permettermi di non badare alle sciocche superstizioni del mondo magico. Egli è potente Ipsen, ma questo lo sai già, quello che non sai è che egli non possiede alcun potere magico»

Ipsen: «Nessuno?»

Stereotipente: «Nessuno. La sua iscrizione alla scuola fu frutto di un errore. Un terribile errore che costò molto alla comunità magica. Ci fu uno scambio di indirizzi e, al posto del giovane dotato a cui era indirizzata la lettera, venne invece iscritto il giovane Chitammuort»

Ipsen: «E che ne è stato dell’altro ragazzo?»

Stereotipente: «Non ne abbiamo più saputo niente…chi non ha la possibilità di esprimere il proprio potenziale magico, solitamente, sfoga i suoi poteri attraverso altre vie, alcune sane, come il calciatore o il regista visionario, altre folli e pericolose. Per quel che ne sappiamo adesso potrebbe essere lì fuori a sceneggiare Heroes»

Ipsen: «Non lo dica neanche per scherzo!»

Stereotipente: «E’ la verità Ipsen, un grande potere com’è la magia…»

Ipsen: «…comporta grandi responsabilità giusto? Era questo che stava per dire vero?»

Stereotipente: «No, stavo per dire: t’ammazza prima dei quaranta. Però il tuo è più ottimista. Ad ogni modo Chitammuort sviluppò comunque una passione senza confini per la magia e…i numeri. Diventò bravo, molto bravo con la matematica umana e un grande teorico della disciplina magica. Ma vivere in bilico fra due mondi lo portò presto ad una folle megalomania. Iniziò a radunare attorno a sé studenti di ogni genere grazie al suo innato carisma, essi erano accomunati da un insaziabile desiderio di conoscenza. Ritenevano che la magia fosse solo la punta dell’iceberg di uno studio ben più profondo. Lo studio di una disciplina oscura. Vicina e lontana al contempo dal mondo magico essa era capace di annullare gli incantesimi più forti, di generare la pazzia, di devastare le fondamenta stesse del mondo magico. Ipsen, sto parlando dell’oscurità più oscura, sto parlando di ingegneria»

Ipsen: «No!»

Stereotipente: «Sì!»

Ipsen: «No!»

Stereotipente: «Sì!»

Ipsen: «No…beh, ti dirò, un po’ l’ho sospettato»

Stereotipente: «Chitammuort educò i suoi adepti all’abnegazione di ogni cosa che era fantasia. Egli estirpò l’immaginazione dai loro cuori. Sostituì la magia con la matematica, gli incantesimi con formule, le bacchette con le leve. Fummo costretti ad allontanarlo con un espediente»

Ipsen: «Lo accusaste di tradimento nei confronti della comunità magica?»

Stereotipente: «No, lo accusammo di fare l’amore con le armature del castello»

Ipsen: «Ma questo è assurdo…»

Stereotipente: «Non del tutto, sei armature confermarono le molestie. Venne bandito, ma promise di vendicarsi e ciò avvenne pochi anni dopo quando attaccò la scuola con una serie di pompe idrauliche. Ci aveva quasi affogato tutti quando riuscii a sconfiggerlo in duello. Da allora rimase imprigionato. Fino ad oggi…»

Ipsen: «E cosa ho a che fare io con tutto questo?»

Stereotipente: «Tutto a tempo debito, giovane Ipsen, tutto a tempo debito…»

(Un’esplosione squarcia uno dei solidi muri di pietra del palazzo. Dal foro un’aberrante creatura tentacolare sbuca sbraitando orrendamente. Stereotipente con una rapida mossa della bacchetta bombarda il mostro rendendolo, rapidamente, una massa di carne morta carbonizzata)

Ipsen: «Che diavolo era quello?»

Stereotipente: «Un Lodo Alfano, dev’essere fuggito dal processo al Primo Ministro. Allontanati, il suo corpo continua ad espellere acidi e immunizzare le cariche più alte dello stato per molto tempo dopo la morte…»

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