domenica 12 aprile 2009

GLI IDIOTI DI SAN PIETROBURGO #19


(I nostri, sulla forca, sono pericolosamente vicini ad un tristo destino)


Ipsen: «E’ finita. E’ tutto finito. Ipotenusa, posso dirtela una cosa prima di morire…»

Ipotenusa: «No»

Ipsen: «E’ una cosa importante. Una cosa che sento dentro»

Ipotenusa: «No. Mi fai schifo»

Ipsen: «Mamma mia! Guarda che sei incredibile! Devo essere per forza invaghito di te vero? E’ questo che pensi? Uno non può farti una confessione che non preveda lo sbatterti a letto o il circuirti con belle parole! Sembro davvero una persona così misera? Sono un condannato Ipotenusa e lo sei anche tu! Usami la cortesia di un minimo di rispetto!»

Ipotenusa: «Io…io…scusami Ipsen…la situazione è così assurda…io ho paura…perdonami non so neppure quello che dico. Cosa volevi chiedermi?»

Ipsen: «Mi mostri le zinne prima dell’esecuzione?»

Acheio: «Ho la nettissima sensazione che questa volta non ne usciamo vivi…donna! Smettila di prendere a testate Ipsen e aiutami a trovare una soluzione…»

Soldato Innocentosky: «Io ero il vecchio addetto alla forca…»

Ipotenusa: «Non c’è una soluzione! E’ finita Acheio, titoli di coda, quarta di copertina, fine!»

Soldato Innocentosky: «Io ero il vecchio addetto alla forca…»

Acheio: «Ho provato di tutto! Lusinghe, pietà, amicizia, corruzione…niente! Erano i miei uomini fino a pochi minuti fa e ora mi si sono rivoltati contro. Com’è volubile l’animo umano, vero soldato Innocentosky?»

Soldato Innocentosky: «Io ero il vecchio addetto alla forca…»

Ipotenusa: «Senti, se io riesco a tagliare le corde ai polsi?»

Acheio: «E con cosa?»

Soldato Innocentosky: «Io ero il vecchio addetto alla forca…»

Ipotenusa: «Non lo so! Un frammento di specchio, un vetro, una battuta sull’aborto…»

Acheio: «Non l’ho capita…»

Ipotenusa: «Perché sarebbe una battuta affilata»

Acheio: «Ahaha, sei uno spasso ragazza, è un peccato che tu debba morire prima di scrivere un libro di idiozie!»

Soldato Innocentosky: «Io ero il vecchio addetto alla forca…»

Ipotenusa: «Che diavolo sta blaterando l’imbecille?»

Ipsen: «Non ho aperto bocca»

Ipotenusa: «L’altro imbecille»

Acheio: «Dice che era il vecchio…»

Ipsen: «…addetto»

Ipotenusa: «…alla forca»

(Tutti si voltano verso il soldato Innocentosky)

Soldato Innocentosky: «Meglio tardi…» (la sua forca scatta. Il soldato Innocentoscky viene trascinato in basso, poi, con il suono di un ramo che si spezza, muore impiccato)

Ipsen (guardando allibito il punto in cui poco prima si trovava il soldato): «…che mai…»

Ipotenusa: «Fantastico. Addio a tutti ragazzi, lavorare con voi è stato ciò che di più vicino all’inferno in terra abbia mai sperimentato»

Ipsen: «Canterò una canzone malinconica e piena di speranza in quest’ora buia: oooo miooo vecchio cuoooor che staiiii smettendo di battereeeee. Il suonooo dei corviiiii già adombra i miei occhi stanchiiiii. Li sento venireeee a banchettare sul mio corpo freddooooo. Non c’è più speranzaaaaa. Non c’è più futurooooo. Morirò in modo statisticamente certooooo. Poi c’era la parte della speranza, ma non me la ricordo più»

Ipotenusa: «Ti. Odio.»

Acheio: «Abbiamo pochissimo tempo. Ci rimane solo una cosa da fare. Solo una.»

(Rombo di tuono. Fulmine. Cori russi)

Scrittore: «Che cazzo volete?»

Acheio: «Salvaci!»

Scrittore: «Di nuovo?! Non è possibile che in ogni romanzo che io scrivo voi vi ritroviate ad un passo dalla morte. Che razza di imbecilli potrebbero…» (osserva in tralice Ipsen sfogliare con i denti e i piedi un catalogo Mediaworld) «Capisco…ma non posso! Sarebbe contro l’etica e la mortale del racconto!»

Ipsen: «Facciamo così, se tu ci liberi dalle corde che ci legano io ti rivelerò il nome dell’infame che mangia in mensa a tuo nome, ruba la carta igienica dal tuo bagno privato e continua a mandarti quintali di pubblicità sull’allungamento del pene via mail. Pensaci non ci avrai salvato veramente la vita, ci avrai dato un incentivo per salvarcela da noi, inoltre avrai preziose informazioni su quel bastardo che si introduce continuamente nella tua privacy»

Scrittore: «E chi me lo dice che non sei proprio tu quel bastardo?»

Ipsen: «Hai la mia parola d’onore che non sono io il bastardo»

Scrittore: «Siete liberi»

Ipsen: «Sono io il bastardo»

Scrittore: «Godetevi l’aldilà»

Bolscevichi (improvvisamente allertati): «I condannati! Stanno fuggendo!»

Ipotenusa: «Ipsen, muoviti! Dobbiamo scappare!»

Ipsen: «Solo un secondo. Devo inoltrare queste pubblicità per l’allungamento del pene…»

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