MERCOLEDI’ A TEATRO (O QUASI) #10
Scrittore: «Mi permetto di virare leggermente dal tema “teatro” per proporvi nuovi stimoli culturali di cui, ben so, andate ghiotti. In quanto attento bibliofilo ho rinvenuto, recentemente, alcuni antichi esempi di poetica giapponese del periodo Edo detti haiku. Gli haiku, per chi non lo sapesse, sono piccoli componimenti dal significato oscuro e misterioso. Ipsenkeshi Katsukatsuakiratoriyamasushisushiunduetre è considerato uno dei maestri di quest’arte sapiente. Insuperato perfezionatore dello stile della calligrafia soleva evitare le zeta e le erre ritenendole le lettere del demonio. Un vecchio pazzoide dedito alle poesie facili e prive di senso. Amava infarcire i suoi poemetti con i temi dell’urbanizzazione, dell’alcool, della decadenza morale nelle città e della prostituzione. Curioso che riuscisse a parlare con tanta competenza pur essendo eremita dall’età di otto anni. Ma, senza ulteriori indugi, vi lascio alla sua poetica»
PRIMAVERA
Fiori di maggio
Brezza tra i cespugli
Cacarella.
ESTATE
Sudore mio
Formaggia fra i piedi
Cocente odore di stambecco.
AUTUNNO
Festa nei campi
Cori nelle città
E’ morto il nonno.
INVERNO
Voli d’uccelli bianchi
Troppo veloci
Mangio scoiattoli.
GIORNATA DI SOLE
Echeggia lo sparviero
Brezza nel mio cuore
Vado a puttane.
AMICIZIA
Occhi fraterni
Sorrisi all’ombra dei bambù
T’ho rigato la macchina.
ERRORI
Tu-tu fa il nobile falco picchiaiolo
Qui casa Favalli
Scusi ho sbagliato numero
STAGIONI DEL CUORE
Giada è il suo corpo
Da solo lo amo
No, invito un amico.
BOSCO
Travolti dalla passione
Il cuore martella
Un vombato mi si incula.
RICHIAMI
Odo il tuo grido
Distante: Amore!
No, valanga!
FORESTA
Un cervo m’osserva
O nobile animale
Mi carica (stronzo).
CALENDULE D’APRILE
Rimbombo lontano di tuono
La tempesta s’allontana
Qui, invece, tsunami.
NEVE
Bevo neve
Bianca e fresca
E gialla.
NATURA
Il mio ruggito alla primavera
Risveglio dei sensi?
No, trappola per orsi.
Ipsen: «Non è che questo Ipsenkeshi era un mio lontano parente?»
Scrittore: «Lo verifichiamo subito. Lì c’è un vombato…»
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